Ritorno alla Sanità pubblica

Intervento del compagno Roberto Buttura sul pericolo di privatizzazione della sanità nel nostro Paese

La riforma sanitaria nazionale, ovvero la Legge 833/1978, istituita dal governo Andreotti IV su proposta del Ministro della Sanità Tina Anselmi, soppresse il sistema mutualistico ed istituì il SSN - "Servizio sanitario nazionale" con decorrenza dal 1º luglio 1980.

iIl nostro servizio sanitario nazionale riformato, superati i primi anni di rodaggio, fu riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei migliori di tutto il mondo, universale e gratuito, finanziato alla fonte con la fiscalità generale da ogni cittadino in rapporto al reddito

Ma dopo 40 anni il SSN risulta molto ammaccato sotto i colpi della privatizzazione e dei tagli del finanziamento pubblico operati da tutti gli ultimi governi.

Infatti ad oggi tutte le ricerche svolte sul campo, documentano l’impossibilità di curarsi per milioni di persone. La spesa sanitaria privata è cresciuta fino a 40 miliardi di euro, 7 milioni di italiani sono indebitati e 2,8 milioni vendono la casa per curarsi secondo l’VIII Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute relativo al 2017; in tale anno l’esborso medio procapite per curarsi è stato di 655 euro, una cifra proibitiva per ampie fasce di popolazione.

Esistono però differenze sostanziali tra il servizio di assistenza sanitaria fornita dalle Regioni del sud Italia con i servizi forniti da alcune regioni del settentrione del nostro Paese.

Ma se è vero che al nord è più facile curarsi, è altrettanto vero che, soprattutto in Lombardia e in Veneto, diventa sempre più evidente che si cura chi può ricorrere al vastissimo settore privato scavalcando le infinite liste di attesa; anche in questo caso la diversità di reddito fa la differenza nella possibilità di curarsi in tempo utile.

Per averne conferma chiunque può provare a telefonare al Centro unico prenotazione chiedendo ad esempio una visita oculistica, oppure può ascoltare o leggere le molte testimonianze raccolte dai vari media locali e nazionali.

E’ utile a tal riguardo leggere l’articolo del compagno socialista veronese Roberto Buttura pubblicato sull’Avanti! On line del 7 aprile e sul quotidiano L’Arena dell’11 aprile 2020 che denuncia il pericolo incombente sul servizio universale sanitario italiano, soprattutto a causa di politiche regionali, del Veneto e della Lombardia principalmente, che di fatto tentano di demolire il diritto alla tutela della salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione.

Di seguito il testo dell’articolo:

" Pur essendo ancora in piena tempesta, al netto delle manifestazioni demagogiche e delle lacrime di coccodrillo che si sprecano, ad un mese e mezzo dall’inizio della pandemia si può affermare che il Servizio Sanitario Nazionale e i servizi ad esso collegati risentono negativamente di venticinque anni di leggi, normative, finanza, utilizzate per demolire il diritto alla tutela della salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione.

Avendo il massimo rispetto dello slancio con il quale tanti cittadini contribuiscono alle varie raccolte fondi per ospedali, protezione civile e altro, corre l’obbligo di ricordare, non ai cittadini ma alle pubbliche autorità, che la vera e concreta solidarietà si realizza attraverso il buon funzionamento dei servizi pubblici, specialmente quelli che fanno riferimento a valori di uguaglianza e pari opportunità, quali la scuola, la salute e la previdenza.

In una società che ha posto a propri idoli solo ed esclusivamente la finanza e l’economia privata e demonizzato, esclusivamente per interesse privato, i servizi pubblici quali sedi di corruzione e, quindi, da smantellare, in nome del mercato, della concorrenza, del consumo, del localismo e del suo esatto opposto la globalizzazione, riesce difficile pensare che il Servizio Sanitario Nazionale potesse non subire un processo di decadimento.

In una società nella quale il governo delle istituzioni è affidato non alla politica intesa come bene comune e riunione di classi dirigenti ma a “uomini della provvidenza” che poi non si rivelano tali, a sgangherate riforme cosiddette federaliste che hanno instaurato ventuno sanità regionali, ad impressionanti ignoranza superficialità e dilettantismo tra l’altro rivendicati come titoli di merito, ad inseguire guaritori e fattucchiere e a dare più importanza alle credenze individuali piuttosto che alle sicurezze collettive, riesce difficile mantenere efficiente un servizio di straordinarie articolazione e complessità.

In questi venticinque anni sono state approvate leggi che hanno modificato lo stato del personale sanitario introducendo istituti che hanno prodotto nella sanità pubblica disastri annunciati e dimostrati dalle liste d’attesa e la sempre più intensa compartecipazione dei cittadini alla spesa (si paga due volte: le tasse per il funzionamento del SSN e la visita o la prestazione o l’esame se non si vuole aspettare mesi), sono state approvate leggi di bilancio che hanno continuamente ridotto l’entità del Fondo Sanitario Nazionale, è stata perseguita una “privatizzazione” strisciante della e nella sanità pubblica, spostando ingenti risorse organizzative e finanziarie da questa alla sanità convenzionata e attraverso una normativa scandalosa si sono trasformati i ticket da mezzi per combattere l’abuso dei servizi sanitari in strumenti per far sborsare ai cittadini altri soldi per pagare le prestazioni, prova ne sia che i ticket costano più delle prestazioni stesse.

La legge 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale si basava su tre pilastri: prevenzione, cura, riabilitazione. Di questi solo la cura regge, gli altri due sono stati quasi completamente destrutturati, e i risultati si vedono oggi.

A ciò si aggiunga il venire meno della saldatura tra i servizi propriamente sanitari e quelli sociosanitari ad essi straordinariamente connessi. Tutto ciò ha sostanzialmente modificato il volto e l’assetto dei servizi sociosanitari italiani, facendo mancare in primo luogo al personale, primaria e insostituibile risorsa, la consapevolezza del proprio ruolo che non è solo meramente economico ma si sostanzia nel perseguimento dello scopo del bene comune.

Così siamo giunti al “coronavirus” che ha dimostrato, contrariamente agli oramai tanti, troppi, che ritenevano superfluo e inutile il governo della cosa pubblica e in questo caso della sanità pubblica, quanto invece esso sia insostituibile per garantire un servizio universalistico all’altezza della dignità della persona e quanto sia fondamentale ripristinare un rapporto virtuoso tra i livelli statuali (Stato e Regioni) con una programmazione dinamica, seria e rigorosa sperando che pure la lezione sia servita a intraprendere un percorso non semplice né scontato ma altrettanto virtuoso all’interno dell’Unione europea, di cui sono convinto sostenitore.

I drammatici eventi di questi giorni hanno detto che, per ora, non esiste farmaco e/o vaccino in grado di debellare il virus, che la battaglia si vince seguendo determinate norme di comportamento che prevedono la dotazione di presidi quali mascherine, guanti, gel, ecc., specialmente ai sanitari e persone che per lavoro sono a contatto con altre persone, che purtroppo si è molto in ritardo nella dotazione che fino ad ora è stata effettuata a macchia di leopardo per non dire a caso, affidandosi alla buona volontà.

Ci sono medici e infermieri che tutt’ora non sono stati dotati. Ci sono farmacie che dall’inizio dei giorni caldi non sono state più rifornite.

E’ normale? A me francamente sembra di no. Infine, un’ultima lezione: il consorzio umano è un tutt’uno: nessuno si salva da solo, per cui non è dato sapere se riusciremo a invertire la rotta e ad evitare che tutto questo accada ancora.

Forse sì, ma perché questo verifichi è indispensabile ripensare ai valori sui quali vogliamo si fondi una società in grado di assicurare ad ognuno non la felicità ma uguaglianza e pari opportunità.

Roberto Buttura
già Assessore regionale alla Sanità della Regione Veneto

  •   Via Chioda 125A - 37134 VERONA
    Presso la sede del C.C.C.

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