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Bagarre della Lega in Senato al discorso di Monti

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Immagine della bagarre messa in atto dalla Lega durante la seduta in Senato del 14 dicembre '11  

Nella seduta del Senato del 14 dicembre, poco prima che il premier Monti riferisse sui risultati del vertice Ue dell'8 e 9 dicembre, sono scoppiati tafferugli da parte della Lega che hanno impedito la prosecuzione dei lavori.

Questa strategia messa in opera dalla Lega ha origini precise, che meritano un nostro approfondimento.

Infatti nella storia di questi ultimi 17 anni c'è un filo rosso continuo. La promessa di un paese nuovo, di un nuovo miracolo italiano, di una stagione delle riforme. Ma è una promessa che non è arrivata, anche se il precedente Presidente del Consiglio ha avuto la più grande maggioranza parlamentare che la nostra storia repubblicana abbia mai visto.

Si sono viste solo leggi ad personam, leggi in soccorso alle sue aziende, processi per scandali, e questo ha creato a lungo andare ad un fossato  insormontabile tra la politica e il paese vero.

La maggioranza si è sgretolata, le riforme strutturali del paese non sono arrivate, la crisi economica attanaglia il paese in maniera gravissima; c’è paura tra la nostra gente, paura di un effetto Grecia sull’Italia, le borse che crollano, lo spread che sale pericolosamente a livelli impensabili e mette a rischio il debito pubblico italiano.

Il Quirinale mette mano alla situazione, dopo le tardive dimissioni di Berlusconi, e mette in gioco una personalità neutra ma importante, Mario Monti, nella speranza che la sua esperienza economica a livello internazionale possa frenare la speculazione finanziaria  che in atto contro il nostro paese.

Il nuovo esecutivo ha l’appoggio, anche se con vari distinguo, da parte di tutti i partiti, escluso la Lega che si è sempre dichiarata contraria ad un governo tecnico,preferendo le elezioni anticipate.

Il Cavaliere non è favorevole a questa ipotesi in quanto è convinto che il voto porterebbe indubbiamente ad una sconfitta pesante e, come conseguenza, una possibile dissoluzione dell’attuale centrodestra.

Ma il Senatur da subito dopo le dimissioni del premier dice di no, la Lega non vuole “pastrocchi o governicchi e stare all’opposizione è bello”.

Ora viene da chiederci il perché di un percorso politico opposto a quello intrapreso da Berlusconi, dopo anni in cui la Lega in parlamento, ma anche nel paese, nelle amministrazioni comunali e provinciali, come nelle regioni, ha sempre sostenuto senza se e senza ma e senza alcuna remora ogni iniziativa del partito dell’ex premier.

La ragione, facile da scoprire, sta nel fatto che la base leghista, il nocciolo duro degli elettori di Bossi, non hanno assolutamente compreso il perché,per esempio, in parlamento i suoi rappresentanti hanno votato contro la richiesta di carcere per l’On. Francesco Romano, personaggio del profondo sud, che ha cambiato una mezza dozzina di schieramenti politici per salvare la sua poltrona in parlamento e indagato per delitti mafiosi da diverse Procure.

Tutti fattori quindi che incidono in maniera profondamente negativa per un elettore leghista.

Ma non sono passati inosservati neanche i salvataggi di Caliendo, di Cosentino e di Milanese, come pure che il ministero ottenuto da Romano in precedenza era nelle mani di un leghista: Luca Zaia.

Quindi stanno infuriando le polemiche nel popolo leghista e ce ne saranno inevitabilmente ancora nelle prossime settimane, dopo il salvataggio dal carcere di simili personaggi, con la base convinta che il vertice della Lega abbia tradito lo spirito originario del carroccio, specie sulla questione morale in cui aveva costruito la propria immagine.

La contraddizione di fondo della Lega Nord sta quindi nell’avere un leader appiattito sulle posizioni di Berlusconi e non più in grado, come nel passato, a guidare questo movimento.

E’ inevitabilmente in corso una lotta alla successione, con la cordata di Calderoli da sempre bossiano di ferro, e l’altra corrente, quella maroniana, di cui un esponente di spicco è il nostro sindaco Tosi, legata si al territorio, ma sempre razzista e secessionista, ma non più disposta ad accettare supinamente il rapporto strettissimo esistente tra Bossi e Berlusconi.

E’ probabile che al momento nessuno dei due risulterà vincitore, ma queste vicissitudini interne non permettono alla Lega di ritrovare la strada che le  aveva permesso di essere un movimento popolare su base territoriale e molto sensibile alle esigenze del suo elettorato.

Non riuscendo ad avere una linea chiara e netta ora punta sui sentimenti di protesta del suo elettorato, stanco di promesse non mantenute, di riforme non varate, di benefici promessi ma non ottenuti.

Quindi dopo aver sostenuto e mantenuto a galla per troppo tempo un governo populista, aziendalista, potenzialmente pericoloso per le sue innumerevoli prese di posizione contrarie al normale rapporto tra le istituzioni, ora sente bruciare il terreno sotto i suoi piedi, cercando di correre ai ripari, prima che il vento della protesta popolare possa incidere in maniera significativa anche sul carroccio.

L’opposizione della Lega al governo Monti quindi deve essere interpretata come un tentativo di evitare uno scollamento definitivo con la sua base elettorale, profondamente delusa e sempre più insofferente dell’abbraccio con Berlusconi e, in ultima analisi, come una manovra diversiva per recuperare quella parte di consenso perduto in questo ultimo periodo.

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