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PLACIDO RIZZOTTO - RICORDO DI UN EROE SOCIALISTA

A 64 anni dall'omicidio ad opera della mafia l'esame del DNA sui poveri resti trovati nella foiba di Corleone confermano che appartengono  al sindacalista Placido Rizzotto.

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Placido Rizzotto socialista e sindacalista ucciso dalla mafia 64 anni fa, la sera del 10 marzo 1948

E’ di questi giorni la notizia della conferma che i poveri resti trovati il 7 settembre 2009 presso le foibe di Rocca Busambra, nei pressi di Corleone, appartengono al sindacalista socialista Placido Rizzotto, rapito e ucciso dalla mafia la sera del 10 marzo ’48 per il suo impegno a favore del movimento contadino per l’occupazione delle terre lasciate incolte da latifondisti e per aver sempre lottato contro la mafia.

L’esame del DNA estratto da una tibia dello scheletro, comparato con quello del padre Carmelo Rizzotto, morto da tempo e riesumato per questo scopo, lascia pochi dubbi e conferma le ipotesi investigative dell’allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto Della Chiesa che, in base agli elementi raccolti, fece arrestare due mafiosi, Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, i quali ammisero di aver fatto parte del commando autore del rapimento in concorso con Luciano Liggio.

Per questo delitto però sia Criscione che Collura che lo stesso Liggio, rimasto latitate fino al 1964, furono prosciolti in sede processuale per insufficienza di prove, dopo la ritrattazione delle loro confessioni.

Vale la pena ricordare chi fu questo socialista vero, fiero dei suoi ideali, indomito e coraggioso fino alle estreme conseguenza, insomma  una persona tutta d’un pezzo, un eroe di quelli che oggi è quasi impossibile trovare.

Placido Rizzotto durante la seconda Guerra Mondiale era militare in Friuli e dopo l '8 settembre dei 1943 scelse di unirsi ai partigiani; tornò in Sicilia, a Corleone, alla liberazione dal nazifascismo.

L'esperienza nelle file delle resistenza fece maturare in Placido Rizzotto una profonda coscienza civile e politica, tanto che non riuscì più accettare la realtà di Corleone,  dove pochi proprietari terrieri violenti e sopraffattori difendevano i loro privilegi con la mafia, mentre una moltitudine di contadini viveva in estrema miseria e povertà.

Questo suo forte rigore sociale lo portò a diventare sindacalista e segretario della Camera del Lavoro di Corleone e in tale veste cercò di organizzare i contadini spingendoli ad occupare le terre tenute incolte dai latifondisti e dalla mafia per poi distribuirle alle famiglie più bisognose.

Organizzò scioperi e rivolte, si batté per l’applicazione dei cosiddetti “Decreti Gullo” ovvero l’obbligo dell’assegnazione in affitto alle cooperative contadine delle terre incolte, cercò di cambiare la mentalità della maggior parte della popolazione ormai rassegnata alla violenza e al terrore.

Ma sfidando i proprietari e i boss locali, tra i quali Luciano Liggio e un giovane Salvatore Riina, entrò nel mirino delle loro lupare; ricordiamo che in quel periodo la mafia cominciò a seminare il terrore con la strage di Portella delle Ginestre e che sistematicamente tutti i capi sindacali che osarono mettersi contro furono uccisi.

Nonostante Rizzotto fosse perfettamente a conoscenza dei pericoli che correva, continuò nella sua opera in favore degli oppressi e dei più poveri; a nulla valsero gli avvertimenti dei suoi fedelissimi e della sua famiglia, andando verso una sorte già scritta e annunciata.

La sera del 10 marzo venne sequestrato, ucciso e il su corpo gettato nella profonda cavità carsica dove fu ritrovato molti anni dopo.

La morte di Rizzotto si inquadra in un preciso momento storico della nostra repubblica nata dalle ceneri della seconda guerra mondiale e nello specifico nelle lotte sociali e politiche in Sicilia contro la mafia e i grandi proprietari terrieri latifondisti prima delle elezioni politiche del ‘48.

La realtà di quel periodo violento si intreccia con la vita di tante persone che hanno scritto, con la loro morte, la storia della Sicilia nel dopoguerra; stiamo parlando per esempio di Pio La Torre, che ancora giovanissimo sostituisce Rizzotto alla guida dei contadini corleonesi e che subirà la stessa sorte, del capolega Epifanio Lipuma ucciso sui monti delle Madonie, di Calogero Cangelosi ucciso a Camporeale.

Questi sono solo alcuni nomi eccellenti di una lunga serie di omicidi attuati dalla mafia nell’immediato dopoguerra ai danni di sindacalisti, di semplici contadini e lavoratori, solo per aver avuto il coraggio di ribellarsi alle ingiustizie e alle sopraffazioni.

Cosa ci insegna questa tragica storia e quale messaggio trarne?

In primo luogo ci insegna che la storia è fatta soprattutto da persone normali che con il loro impegno e la loro perseveranza riescono a smuovere e modificare le coscienze degli individui.

Persone che hanno il coraggio di portare avanti le loro idee fino alle estreme conseguenze, persone integerrime, uomini che non chinano mai il capo e che non possono accettare ingiustizie e soprusi.

Eroi se proprio vogliamo chiamarli così, persone normali diventate eroi per il loro sacrificio,  eroi come lo furono moltissimi altri uomini morti per i loro ideali e per aver sostenuto fino in fondo le loro idee.

Riteniamo quindi importante, oltre che doverosa, l’iniziativa del nostro segretario Nencini che dedicherà a Rizzotto una cerimonia pubblica nella ricorrenza dei 120 anni del Partito Socialista, perché mai come ora, momento di profonda crisi sociale e politica, è necessario recuperare la memoria e il rispetto nei confronti di chi ha dato la propria vita per l’ideale in cui credevano .

“Restituiamo a Placido Rizzotto la dignità che la mafia gli ha strappato sessantaquattro anni fa. Lo Stato ha il dovere di tributare al sindacalista socialista gli onori che si devono a chi dedica la propria vita ai valori della libertà e della giustizia e alla difesa dei più deboli” dice Nencini nel commentare la notizia dell’identificazione dei resti del sindacalista socialista.

Ricordiamo inoltre che la vita di Rizzotto è stata raccontata nel film “Placido Rizzotto” di Pasquale Scimeca uscito nel 2000, anche se nel film non viene fatto nessun riferimento alla militanza socialista del sindacalista e, recentemente, anche una fiction TV “Il capo dei capi”.

>>>>>    Vai al commento integrale di Nencini

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